Mondo

E Lula disse: firmate quell’accordo

Il grande Paese sudamericano era nel gruppo dei cinque paesi che rappresentavano tutti gli interessi coinvolti.

di Paolo Manzo

All?insegna del realismo. È questa la frase più ascoltata tra i corridoi del ministero della Sanità, a Brasilia, per descrivere quanto accaduto lo scorso 30 agosto. Ma l?accordo sui farmaci per molte ong sarebbe un passo indietro rispetto a quanto era stato pattuito alla Conferenza di Doha del Wto. Due anni fa, infatti, la dichiarazione patrocinata in primis proprio dal Brasile, consentiva ai Paesi in via di sviluppo di svincolarsi dalle leggi sui brevetti dei farmaci, per produrre generici destinati a curare le ?crisi di salute pubblica?, come, per esempio, il trattamento anti-Aids. Un trattamento molto richiesto in un Paese come il Brasile dove, in base alle ultime stime del ministero della Sanità, sono 600mila i portatori del virus dell?Aids. L?allora ministro della sanità brasiliano, quel José Serra sconfitto al ballottaggio nel 2002 da Luiz Inácio Lula da Silva, aveva guidato lo sforzo del Paese del samba, consigliato direttamente da Celso Amorim, ieri ambasciatore a Ginevra e oggi ministro degli Esteri di Lula. La lacuna di Doha Ma l?accordo di Doha aveva una grossa lacuna, cui si sarebbe dovuto ovviare nelle successive fasi negoziali: che fare nei casi dei tanti Paesi poveri che non hanno la forza economica di produrre gli stessi generici, assai meno cari dei farmaci sotto brevetto? Il Brasile, assieme ad altri 142 Paesi membri del Wto, era arrivato a un accordo sul tema, nel dicembre scorso. Ma, a causa del veto di un unico Paese, gli Stati Uniti d?America, non se ne fece nulla. A fine agosto la svolta, con Brasile, India, Kenya, Sudafrica e Usa che sono giunti ad una formula di compromesso, giudicata soddisfacente dai cinque big. Gli altri Paesi non hanno potuto che prendere atto dell?accordo raggiunto, considerato che i ?cinque big? rappresentano tutti gli interessi coinvolti nella questione: i laboratori che detengono i brevetti sono made in Usa, i più grandi produttori di generici al mondo sono il Brasile e l?India, mentre le ?vittime di crisi di sanità pubblica? sono i Paesi africani, rappresentati da Sudafrica e Kenya. “Gli africani ci hanno assicurato che il testo proposto è ottimo, e questa approvazione da parte loro per noi è stata decisiva”, ha fatto sapere, rispondendo alle critiche di Oxfam e Msf, l?attuale ambasciatore del Brasile a Ginevra, Luiz Felipe de Seixas Corrêa. “È un vero peccato che il nostro governo abbia accettato l?accordo”, ha detto Katia Maia, coordinatrice delle campagne Oxfam a San Paolo. Di tutt?altro avviso il ministro della Sanità, Humberto Costa, che non ha nascosto la propria soddisfazione. “L?accordo apre la strada affinché il Brasile possa importare dall?India generici, come l?Efavirenz, il Mefenazir e il Lopinavir, tutti farmaci usati per il trattamento dei pazienti affetti da Aids”, ha spiegato Costa, rispondendo alle critiche. E, per spiegare perché il Brasile ha firmato, il ministro della Sanità di Lula precisa: “Oggi i costi per acquistare i tre generici anti-Aids sono molto alti per il nostro governo, e ancora non abbiamo le capacità per produrli. Adesso, grazie all?accordo, li potremo importare”. I tre farmaci Il Brasile da mesi stava negoziando con le industrie farmaceutiche che producono i tre farmaci anti-Aids: la Abbott con il ?suo? Lopinavir, la Merck Sharp & Dhome che realizza l?Efavirenz, e la Roche che produce il Nelfinavir. Ora le tre case farmaceutiche devono decidere, se accettare o meno le richieste del governo Lula, per un abbassamento del prezzo dei loro tre farmaci che ? da soli ? sono responsabili del 63% delle spese del ministero della Sanità di Brasilia per le cure anti-Aids. Per il 2003, il preventivo di spesa del governo Lula è di 573 milioni di reales (pari a 170 milioni di euro), per fornire il cocktail di 14 anti-retrovirali ai 135mila pazienti oggi in cura. Per ora le risposte dei tre colossi farmaceutici sono state negative, ed è possibile che sia proprio il governo Lula il primo ad approfittare del nuovo accordo sui generici. A sua volta il Brasile potrà da oggi esportare i tanti generici che produce (Nevirapina e Azt + 3Tc in testa, per la cura dell?Aids). Sulla stessa linea improntata all?ottimismo, è il Coordinatore del programma nazionale per le malattie trasmesse sessualmente e per l?Aids, Alexandre Grangeiro: “Può non essere stata la vittoria migliore, ma l?accordo è stata una vittoria. Teniamolo ben presente”. Grangeiro ricorda che quanto firmato preserva il diritto dei Paesi poveri di produrre e importare generici, anche se con la garanzia del Wto, perché “il meccanismo sia usato in buona fede, per proteggere la salute pubblica”. Tanto rumore per nulla, quindi, quello scatenato da Oxfam e Msf? Non proprio perché, a ben leggere il testo del trattato, chi decide se l?importazione sia fatta per proteggere la ?salute pubblica?? Il Wto, ossia l?organizzazione che, da anni, riserva brutte sorprese ai Paesi del sud del mondo e, recentemente, anche alla Ue. Ne sa qualcosa il Brasile stesso che da tempo attende invano una sanzione da parte del Wto, contro le sovvenzioni ai prodotti agricoli e tessili dei Paesi ricchi. E perché, di contro, ci sia attualmente un processo in corso contro l?Unione Europea, colpevole di non voler aprire agli alimenti contenenti ogm di produzione Usa. Non sarà, forse, perché – come ha dimostrato il potere del veto di Washington sulla questione farmaci – tra i membri del Wto qualcuno è più uguale degli altri


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